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15 giugno 2006

Giornalismo Online: Dai Media Publisher Agli Aggregatori Di Contenuti, Come Cambia L'Online Publishing

Il giornalismo online ha bisogno di strategie di business che sappiano sfruttare i nuovi meccanismi che regolano l'online publishing. Solo le analisi dei contesti e delle modalità di fruizione dei contenuti rivelano quale sia la business strategy più adatta ad un'azienda che lavora nel settore dell'editoria online che siano quotidiani on line oppure riviste online.

John Blossom in questo piccolo articolo chiarifica la differenze tra media company tradizionali e compagnie di contenuto, una differenza fondamentale frutto di un nuovo modo di intendere il mestiere di giornalista online e quello di editore.

I giornalisti online non hanno più solo il compito di creare articoli di giornale originali, news in tempo reale o approfondimenti, ma hanno il dovere di filtrare le notizie online di altri editori, di contestualizzarle in modo da trasformare il giornalista online in facilitatore di notizie.

Nell'online publishing, nell'industria delle ultime notizie e dei contenuti, vince chi crea un contesto in grado di rendere percepibile e comprensibile un insieme di notizie ed argomenti propri ed altrui.

Se sei un online publisher di qualche tipo, la comprensione di questa materia è più importante per te di qualsiasi campagna SEO tu possa acquistare.

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Photo credit: Yali Shi

L'innovativo mercato dell'online publishing sta crescendo rapidamente, dalla creazione di contenuti propri si sta passando all'aggregazione, al remixing ed alla contestualizzazione di contenuti propri ed altrui. Queste sono le nuove vie da percorrere, le nuove strategie di business per guadagnare online dal publishing.

Il publishing che ottiene sempre più successo è quello che raccoglie contenuti anche originati da altri per temi, argomenti e target specifico.

La monetizzazione del valore del contesto di argomenti selezionati è senz'altro la più grande opportunità disponibile alle compagnie di publishing grandi e piccole per differenziare profondamente se stesse dai competitor estraendo maggior valore dalle loro risorse ed ad un minor costo.

 

Ieri ho visto apparire tra le mie ricerche il link dell'intervista sull' LA Times a Eric Schmidt , CEO di Google in cui Eric affermava che Google è un compagnia tecnologica e non una media company. Mi sono detto "Ahh, questa cosa l'ho già sentita."

Ho letto diversi post a riguardo, da Rafat Ali a John Battelle.

Quello che Schmidt evidenzia è che Google, a differenza delle media company tradizionali si focalizza sul contestualizzare la proprietà intellettuale che appartiene ad altre fonti.

Le Media company invece si focalizzano sull'appartenenza e la monetizzazione della loro proprietà intellettuale. Questa è la differenza.

Google è una company di contenuto che fornisce informazioni ed esperienze create da individui, istituzioni e tecnologie per dare valore all'audience mediante contesti valorizzanti.

L'informazione si focalizza sulla proprietà intellettuale degli altri, per monetizzare il valore dei contesti, non della proprietà intellettuale.

L'effetto rete di questo concetto è che le media company combattono tra loro per divenire compagnie di contenuto.

Ne vediamo le mosse guardando il trend dell'ultimo anno delle statistiche di Alexa per i maggiori fornitori di news: The New York Times, Washington Post, LA Times e Reuters.

Molte grandi proprietà media hanno beneficiato di queste strategie. Ma alla fine hanno dovuto considerare che: Sei in grado di produrre solo una piccola percentuale di contenuto originale, nei confronti di un mare infinito di contenuto pubblico, privato e di impresa raccolto per essere contestualizzato.

Inoltre alla battaglia tra i B2B publishers, al contenuto editoriale di aggiungono i "rich data".

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Photo credit: Suprijono Suharjoto

Non credo che i media e le notizie dei quotidiani online abbiano i giorni contati - esiste sempre un mercato per la proprietà intellettuale ben progettata - ma abbiamo delle chiare indicazioni secondo cui i media hanno una tecnologia sorpassata e che devono avere una visione diversa della proprietà intellettuale e del diventare giornalista online E tutto questo include i produttori di contenuto mainstream alla ricerca di nuove strategie per nuovi canali di distribuzione.

Come Jim Cramer evidenzia su TheStreet.com non ci sarebbe da stupirsi se l'NFL decidesse di bypassare i network televisivi e veicolare i propri programmi sportivi e le pubblicità sul Web per un consumo diretto.

E per tutti questi motivi Google è una media company?

Per il loro bene spero di no. Buona scelta, Eric...

Le idee di John sono piuttosto chiare. L'industria delle news e del giornalismo online deve adattarsi al bisogno degli utenti di trovare contenuti online precisi, molteplici e fruibili che siano ultime notizie di cronaca oppure approfondimenti.



Articolo originale di John Blossom, President of Shore Communications Inc. su ContentBlogger(TM) intitolato:
"Meme-orandum: Google is a Content Company, not a Media Company" pubblicato il 13 giugno 2006.

Approfondisci le idee di John ed i servizi di management consulting di Shore Communications Inc. che si occupano di imprese, media e personal publishing su Shore.com.

 
 
 
 
 
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