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25 giugno 2010

Monetizzazione Dei Contenuti Online: L'Analisi Critica Di George Siemens E Gerd Leonhard

Gli editori come hanno intenzione di monetizzare i contenuti online per il futuro? Con il lancio dell'iPad, Rupert Murdoch che se la prende ancora con Google e i segnali positivi di recupero rispetto alla crisi economica, la discussione sui contenuti online è più attuale che mai.

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Photo credit: David Meerman Scott

Con il ritorno di qualche spicciolo nei portafogli, gli editori stanno cominciando ad esplorare modelli di business alternativi da poter utilizzare per la monetizzazione dei loro contenuti. I paywall rappresentano una valida strategia? O è il modello freemium la strada migliore da seguire?

Per approfondire io stesso la conoscenza di questo problema, ho preparato due video interviste inedite con George Siemens, esperto di tecnologie dell'educazione, apprendimento e connettivismo, e con un futurologo dei media, lo svizzero Gerd Leonhard, nelle quali chiedo ad entrambi il loro parere sul futuro della distribuzione e monetizzazione dei contenuti online.

L'elemento chiave che emerge da queste conversazioni è che il contenuto non è più un'entità separata che tu puoi prendere, condividere e vendere "così com'è".

Ciò che conta davvero adesso è quello che vendi attorno ai tuoi contenuti.

Può essere la facilità di utilizzo, di accesso, il lavoro di preparazione che c'è dietro o il tocco personale che dai ai contenuti. Può essere un milione di cose diverse, ma è questo "valore" aggiunto che apre le porte ad un nuovo modello di business efficace e sostenibile. Ho già affrontato questo problema dei contenuti gratis / a pagamento in precedenza, per esempio quando ho parlato della strategia migliore per vendere su Internet un film in DVD. Forse potrebbe interessarti.

Se vuoi capire meglio come sta cambiando il concetto di "gratis" e come sta acquisendo importanza la cura dei contenuti e come sia alla base di un nuovo modello di business, penso che apprezzerai parecchio quello che questi due signori mi hanno raccontato.

Ecco qua le due video interviste con la relativa trascrizione integrale del testo:

 

 

Monetizzazione Dei Contenuti Online: L'Analisi Critica Di George Siemens


Durata: 7' 07"

George Siemens: la fase gratuita non è finita, ma c'è una cosa che mi preoccupa. Voglio solo parlare un po' della fine del software, perché è una cosa che mi preoccupa.

C'è stato inizialmente, alla fine degli anni '90, inizio degli anni 2000, un grande interesse attorno al software open-source. Ricordo persone che, per esempio, volevano abbandonare Movable Type quando annunciò che loro non erano così aperti quanto la gente avrebbe pensato che fossero. Una gran massa di gente si spostò su Wordpress, e c'erano alcune pubblicazioni che sostenevano che - Ne parlò Mark Pilgrim - Movable Type non fosse abbastanza aperto. Era aperto, ma non abbastanza.

Alla fine successe che le persone che volevano scrivere un codice personalizzato e fare quel genere di aggiustamenti, erano interessate a Movable Type a maggior ragione per il fatto che non avevano quel genere di controllo. Con Wordpress nessun problema, potevano fare quello che volevano.

Abbiamo avuto questa fiammata, in cui le persone dicevano: "l'open source è fondamentale."

Però cosa è successo negli ultimi cinque anni? Che il modello open source è stato relegato in secondo piano, perché lo abbiamo indirizzato male - questa è una vecchia dichiarazione riportata da Stallman - non si trattava di aperto o libero inteso come gratis, ma libero come la libertà.

Adesso accade che molte persone stanno usando la zattera di salvataggio dei siti di Google, sia che si tratti di Gmail, Google Docs o qualsiasi altro, usano Zoho, il servizio di podcasting che ospiterà i loro siti, PodBean e altre cose.

Sono contenti di un utilizzo libero in senso monetario - che per ora va bene - ma diventerà un problema rilevante, perché free inteso come gratis non costituisce la premessa perché le cose rimangano così in futuro in un contenuto o in un settore editoriale.

E' necessario che l'accesso sia libero, free inteso nel senso di libertà.

A questo riguardo - e su questo mi sono lamentato recentemente - Google ha messo in atto un grande disservizio, perché se vuoi abbandonare Gmail ci sono i modi per farlo, ma non è così semplice come far migrare il tuo blog da Wordpress.

Queste sono alcune delle cose che mi danno un senso di frustrazione. Molti insegnanti adesso cominciano a dire: "Vogliamo tutto a costo zero" - Invece loro non stanno facendo quella scelta in modo esplicito, la stanno facendo in base agli strumenti che scelgono, basandosi su alcuni di questi strumenti che non sono open source, ma che semplicemente non devono pagare per usarli.

Questo è il panorama che volevo tracciare rispondendo alla tua domanda, rivolgendomi a persone del mondo dell'informazione.

Per fare in modo che una società sia sana e per garantire la democrazia è necessario che le discussioni importanti siano aperte.

Se cominci ad avere conversazioni che sono accessibili solo a certi gruppi di persone, o solamente a certe persone, allora ad un certo punto cominci a minare il concetto stesso di società libera e aperta.

All'inizio potrebbe non essere una cosa catastrofica, ma poi finiamo per creare, all'interno dei contenuti, una distinzione di classe sociale che non abbiamo in questo momento in un Internet aperto - o parzialmente aperto.

Ci sono già contenuti che sono stati messi a pagamento, che ripercussioni ha questo sulla possibilità di leggere informazioni importanti del Wall Street Journal, cosa deve succedere? La conseguenza è che io per potermelo permettere devo rientrare in un certo status economico.

Io capisco pienamente che il Wall Street Journal voglia guadagnare e non sono sicuro del modo in cui guadagneranno in futuro, ma sono abbastanza sicuro che non lo faranno mettendo i contenuti a pagamento.

Quello che mi stai suggerendo è che - e questo è lo stesso punto che avevo indicato a proposito di persone che filtrano le informazioni, che svolgono quel ruolo di intermediari - il contenuto non è il valore, ma è il commento al contenuto, CHE potrebbe rappresentare un elemento di valore. Per questo potrebbero esserci persone disposte a pagare.

Potrebbero essere disposti a dire:

"Voglio sentire cosa ne pensa Robin Good sul fatto che Ebay potrebbe vendere Skype. Quali sono le implicazioni di questo? E se io ho già una strategia di utilizzo di Skype nella mia azienda, come dovrei regolarmi per evitare di avere problemi?"

Questo è qualcosa di diverso. Ora stai chiedendo a qualcuno di investire una particolare competenza e condividere una visione strutturata su un determinato argomento, che è diverso dal dire: "Le informazioni sulla vendita di Skype dovrebbero essere disponibili gratuitamente oppure no?" Ai miei occhi, si.

L'informazione dovrebbe essere libera, ma i commenti? Questo è un punto di vista leggermente differente, ed è qualcosa su cui potremmo discutere a lungo perché... A che punto il commento diventa informazione e quindi dovrebbe essere gratuito?

Penso che potresti rispondermi:

"Ho passato dieci anni a cercare di stare al top di questo settore - nuovi strumenti, tecnologie collaborative - ho investito moltissimo tempo per conoscere quello che sta accadendo."

E proseguire quindi: "Vorrei continuare a condividere tutte le informazioni, tutte le notizie su chi ha venduto, quello che sta succedendo qui, cosa accade là." Vorrei continuare a fare tutto questo e renderlo disponibile gratuitamente, per chiunque lo desideri, perché questa è la premessa di una società sana e ragionevole.

E poi potresti dire: "Se hai domande contestuali e specifiche alle quali posso rispondere che rientrano nelle mie competenze, nel mio patrimonio di conoscenze che ho messo insieme seguendo questi trend in tutti questi anni." Questo si che è un punto di valore ed è il punto che ho menzionato in precedenza.

La semplice condivisione di informazioni o contenuti non è un punto sul quale possiamo costruire una struttura economica.

Qui c'è una distinzione. La prima è: cosa genera valore per i contenuti?

Quello che stai facendo è generare valore, stai aggiungendo valore mettendo un impegno fisico. Stai impiegando tempo. Stai facendo qualcosa con questo allo scopo di creare un prodotto che sia più conforme alle esigenze di una particolare organizzazione, che è diverso dal semplice rendere i tuoi contenuti e le tue informazioni disponibili gratuitamente.

La distinzione che sto facendo è: se posto qualcosa sul mio sito, si può ri-postare a costo zero. Qualcuno può fare copia e incolla e non è come per un libro. Un libro ha un costo di produzione. Dobbiamo comprare la carta, stampare, ci vogliono delle persone che seguano il processo di stampa.

C'è un processo di valore creato tramite la pubblicazione fisica di un libro. Le persone investono soldi in prodotti e costi.

Quando invece lo fai online, la possibilità di duplicare contenuti online ha un costo pari a zero.

Tornando al punto di partenza. La creazione di qualcosa di valore, deve essere basata su qualcosa che richiede tempo e impegno da parte tua, e che non può essere duplicata con un copia e incolla.

Quello che mi stai dicendo è che tu stai fornendo un commento speciale, un punto di vista unico.

Tu stai dicendo: "Questo è ciò che conta in questo campo. Io sto selezionando informazioni importanti che stanno diventando importanti per voi come organizzazione." Questo è un punto di valore? Si, lo è.

La mera informazione senza quel tipo di commento, non ha alcun valore economico.

 



Monetizzazione Dei Contenuti Online: L'Analisi Critica Di Gerd Leonhard


Duration: 3' 07''

Gerd Leonhard: il futuro dell'informazione, dell'editoria online e dei magazine. Questo è ovviamente un problema pesante

Prima di tutto, penso che il processo di monetizzazione così come si era soliti fare, che in sostanza consisteva nel possesso dei macchinari per la stampa, la rete di distribuzione e poi la vendita della pubblicità, si stia esaurendo. Ma chiaramente sul Web non puoi vendere le cose allo stesso modo.

Murdoch sostiene che "eravamo abituati a incassare i dollari ed ora ci dobbiamo accontentare dei penny." Probabilmente questo è al momento vero per il settore digitale.

Comunque, io penso che Kevin Kelly di Wired Magazine abbia la giusta definizione per questi che chiama "i nuovi generatori".

Noi abbiamo bisogno di trovare nuove strade in modo da poter preparare contenuti che generino guadagni, piuttosto che forzare la scarsità, per esempio con i micropagamenti o inserendo nei contenuti delle specie di barriere stradali.

Penso che le barriere siano così marginali che non le noti neppure - il pagamento è preparato e poi va bene, ma la maggior parte delle volte non sarebbero così.

Penso invece a nuovi generatori, ad esempio, includerei il software.

Quando acquisto il mio smartphone di nuova generazione, il New York Times mi vende un'applicazione per 20 dollari che mi offre tutti quei benefici legati all'avere accesso diretto al New York Times tramite l'applicazione, perciò io non sto comprando solo i contenuti. Sto acquistando la comodità, il confezionamento, la gestione, tutte le cose extra che loro mi offrono.

Pandora, per esempio, la stazione radio online che sfortunatamente non possiamo più ricevere qui.

Pandora U.S. ha appena lanciato Pandora One, e Pandora One va su iPhone e BlackBerry, su altre applicazioni mobili ed anche sui desktop.

Quello che stanno facendo non è vendere musica, loro vendono tutta la roba extra, così tu hai un player indipendente, radio senza pubblicità, una maggiore velocità di trasmissione.

La domanda perciò non è tanto "Possiamo vendere il contenuto?", ma "Possiamo vendere qualcos'altro attorno al contenuto?"

Chiaramente non possiamo vendere solo il contenuto. Penso che questo sia probabilmente vero per il premium - possiamo per certe cose - ma in generale, probabilmente no. Questa non è una novità, perché la TV via cavo utilizza lo stesso approccio.

Noi vendiamo ogni cosa attorno a questo: la comodità, l'agio, la selezione, la cura ed ogni altra cosa.

Questi modelli sono stati sviluppati giusto adesso e sarebbe prematuro per noi sostenere che, poiché proprio ora stiamo avendo problemi di vendita dei contenuti - per esempio con la musica, questo non possa essere fatto mai.

Penso che siamo arrivati solo alla punta dell'iceberg nell'utilizzo di questi nuovi modelli.

Ma una cosa è certa: se i possessori dei contenuti non danno il permesso per il loro utilizzo e per la rielaborazione - come PRS, MCPS che in Gran Bretagna non vuole concedere le licenze a YouTube, o ha opposto un rifiuto, o comunque non vuole trattare - allora i contenuti verrebbero usati senza autorizzazione.

Se questo è il meccanismo preferito allora la situazione all'interno dell'ecosistema non è per niente buona.

L'autorizzazione è cruciale..




Videoclip girati da Robin Good per MasterNewMedia, e pubblicati per la prima volta il 9 Aprile 2010 con il titolo "Online Content Monetization: Critical Viewpoints From George Siemens And Gerd Leonhard".




Informazioni su George Siemens

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George Siemens è il direttore associato nel Learning Technologies Centre all'Università di Manitoba. George scrive sul blog www.elearnspace.org dove condivide la sua visione sul panorama dell'istruzione e l'impatto che le tecnologie dei media hanno sul sistema formativo. George Siemens è anche autore di Connectivism: A Learning Theory for the Digital Age e il libro "Knowing Knowledge" dove sviluppa una teoria dell'apprendimento chiamata Connettivismo che utilizza un network come metafora centrale per l'apprendimento e si focalizza sulla conoscenza vista come un modo per creare connessioni.




Informazioni su Gerd Leonhard

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Gerd Leonhard è un futurologo dei media oltreché autore e scrittore, imprenditore del settore Internet e media, consulente e relatore di conferenze. Se vuoi farti un'idea più approfondita del suo lavoro, puoi visitare il blog di Gerd MediaFuturist o il suo canale su YouTube.

 
 
 
 
 
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