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17 giugno 2005

Cooperazione Allo Sviluppo: Tutto Quello Che Non Sappiamo

Più di 15 anni fa ho preso una decisione per portare la mia vita professionale via dalle forze che hanno caratterizzato il mondo commerciale della pubblicità della radio, della televisione e dei film a cui mi ero così appassionatamente dedicato fino ad allora.

Non mi piaceva il prezzo personale ed intellettuale che doveva essere pagato in cambio di grandi somme di denaro.

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Photo credit: Natural History Museum in Washington DC - Gregory John Zamets

Desideravo fare qulcosa per gli altri, occupandomi di design, efficienza e comunicazione per dare maggiori opportunità e slancio.

 

Dunque un giorno ho deciso di cambiare e di dedicare il mio talento a quelle organizzazioni ed istituzioni che si occupano di un bene comune. Istruzione, ricerca, sviluppo, attenzione pubblica ed assistenza.

Mi piaceva pensare di contribuire in qualche modo al benessere ed al miglioramento dei miei compagni e fratelli nel pianeta.

Così ho fatto, dal 1989 ad oggi. Ho contribuito, ideato e coordinato diversi stimolanti progetti di comunicazione per organizzazioni come le Nazioni Unite, la Banca Mondiale, FAO, IFAD, WFP e molti altri.

Devo dire che si è trattato di bei lavori.

Fino a quando sono stato un obbediente lettore di quotidiani e spettatore di telegiornali.

Quando ho smesso di considerare le notizie che mi arrivavano dai principali media come "vere", ho cominciato a vedere cose che prima non avevo mai tenuto in considerazione e ho cominciato a capire che per fare del bene e per cambiare le cose, bisogna uscire e farlo da soli, in un modo o nell'altro.

Più ampia e centralizzata è un'organizzazione, più facilmente viene meno l'obiettivo, l'efficienza e l'abilità nell'avere un reale scambio di comunicazione con coloro che dovrebbero essere aiutati.

Ci sono troppi livelli coinvolti, troppe poche persone che devono decidere dove e come impiegare grandi somme di denaro, troppa distanza con la realtà che dovrebbe essere assistita.

Così ­i sono svegliato lentamente
. Mi sono reso conto che anche le maggiori organizzazioni e quelle più filantropiche non sempre servono lo scopo di fare del bene alle nostre sorelle ed ai nostri fratelli. Molte di queste organizzazioni promuovono ordini del giorno con investimenti basati su interessi economici, altre sfruttano opportunità secondarie, fornendo aiuto inefficace in altre aree, molte sprecano un mucchio di soldi senza renderne conto alle persone che sostengono finanziariamente queste spese pazze, altre semplicemente non si interessano. Hanno un budget e lo spendono.

Se chiedete alle persone che lavorano in queste organizzazioni per l'assistenza e lo sviluppo, spesso esse fanno riferimento al fattore "sentirsi bene".

Ti senti bene perchè stai contribuendo al benessere economico delle persone povere nel mondo. Contribuisci al miglioramento di qualcosa di più grande rispetto alla tua realtà Anche se i tuoi soldi possono aiutare in minima parte, ti senti bene perchè hai fatto qualcosa per fare di questo mondo un posto migliore.

O no?

Lo scrittore Zambiano Evans Munyemesha non la pensa così..

Lui sostiene che gli aiuti allo sviluppo "abbiano finanziato la creazione di progetti mostruosi che, con enormi spese, hanno devastato l'ambiente e rovinato vite." Se si guardano i risultati, gli aiuti in Africa sono stati un vero e proprio disastro:

"[L'Africa] ha perso la sua autosufficienza nella produzione del cibo, che aveva prima dell'invenzione degli aiuti allo sviluppo e negli ultimi decenni è diventata un continente dipendente senza speranza dalla generosità degli stranieri. La produzione di cibo pro capite è crollata ogni anno dal 1960 in poi. Sette Africani su dieci sono ritenuti indigenti o ai limiti dell'estrema povertà col risultato che il continente ha il più alto tasso di mortalità infantile del mondo, le più basse medie di speranze di vita, i tassi più bassi di alfabetizzazione, il numero di medici per abitanti più basso ed il minor numero di bambini scolarizzati."

La situazione nelle altre parti del mondo non sembra essere migliore.

Si potrebbe dire che con tutti i soldi che vengono dati ci dev'essere qualcosa di sbagliato nella ricezione degli aiuti. La tentazione è di cercare ragioni logiche per le quali le nostre buone intenzioni non portano frutti: la corruzione, la pigrizia...ma aspettate un attimo: a parte questa visione sul campo del nostro osservatore Zambiano, c'è un'altra testimonianza, quella di John Perkins, un economista di rilievo che ha lavorato come consulente per lo sviluppo internazionale. Nel suo libro intitolato "Confessions of an Economic Hit Man", Perkins descrive come, ai tempi del suo lavoro come professionista, aiutasse gli Stati Uniti ad imbrogliare i paesi poveri del mondo prestando loro più denaro di quello che essi potevano verosimilmente restituire, per poi assumerne il controllo sulle loro economie.

"Fondamentalmente, quello che dovevamo fare era costruire l'impero americano.

Dovevamo creare situazioni in cui il maggior numero possibile di risorse venisse portato in questo paese, nelle associazioni e nel governo ed abbiamo avuto molto successo. Abbiamo costruito il più grande impero della storia.

Tutto ciò si è realizzato dopo la Seconda Guerra Mondiale e negli ultimi cinquant'anni, senza grande utilizzo di armi. Solo in rari casi, come quello Iracheno, la forza militare è subentrata come ultima spiaggia.

Questo impero, a differenza degli altri nella storia del mondo, è stato costruito principalmente con la manipolazione economica, con gli imbrogli, la frode e seducendo la gente con il nostro modello di vita..."

Dice John Perkins intervistato da Amy Godman.

Potete trovare una trascrizione audio qui (grazie a democracynow.org). Gran parte della responsabilità ce l'hanno, secondo Perkins, la Banca Mondiale e l'FMI (Fondo Monetario Internazionale), ma è anche ottimista perchè pensa che la situazione possa cambiare "Credo che la Banca Mondiale e le altre istituzioni possano essere trasformate e riconvertite al loro ruolo originale e primario, che è quello di aiutare a ricostruire le parti del mondo devastate. Aiutare, semplicemente aiutare le persone povere."

Bene, sicuramente tutti noi dovremmo trovare i modi per fare arrivare gli aiuti direttamente a coloro che li necessitano ed aiutare queste persone a diventare autosufficienti e non condurli verso un'ulteriore dipendenza.

Voglio ringraziare Neal Perochet di Environmental Restoration International per aver sottoposto l'articolo di Evan Munyemesha alla mia attenzione.

Neal ha lavorato sul posto in Africa ed in altre parti del mondo, per rendere le comunità autosufficienti attraverso la ristrutturazione ambientale.

Leggete qui l'articolo originale dello scrittore Zambiano, che scuote parecchio le nostre coscienze "del sentirsi bene" riguardo all'aiuto estero o, come spesso viene erroneamente chiamato, "aiuto allo sviluppo".

International Aid
by Evans Munyemesha
pubblicato per la prima volta il 20 Ottobre 2003
on The Zambian
Copyright 2004 The Zambian. Tutti i diritti riservati.

Interamente ripubblicato ne:
Third World Economy: Is Foreign Aid Destructive?
di Sepp Hasslberger
4 Giugno 2005
Health Supreme

 
 
 
 
 
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