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29 agosto 2008

Il Peer-to-Peer Come Rivoluzione Economica E Sociale - Intervista All'Evangelista Del P2P: Michel Bauwens

Il peer-to-peer (P2P) non è solo un sistema per condividere i file, ma un nuovo modo di concepire l'economia, i rapporti sociali e la vita. Se pensi che la società in cui vivi, con i suoi valori e le sue regole, ha qualcosa che non va e vorresti fare qualcosa per cambiarla, ti consiglio di approfondire il tema del peer-to-peer per scoprire come questa tecnologia, applicata alla società e all'economia, possa aprire nuovi interessanti scenari.

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Photo credit: Ibrahim Iujaz

Cosma Orsi, docente al dipartimento di globalizzazione del Roskilde University Center, ha intervistato Michel Bauwens, teorico del P2P e creatore della Foundation for P2P Alternatives. Durante il colloquio Bauwens ha esposto le sue idee in merito ai cambiamenti suscitati dall'approccio peer-to-peer all'interno delle aziende, sia a livello di organizzazione che come metodo di produzione.

Il filosofo belga descrive il peer-to-peer come una rivoluzione non necessariamente in antitesi con il capitalismo, ma come "un germe che introdotto ai margini del mercato si espande sempre più velocemente, fino a quando non raggiungerà uno status eguale a quello del suo ospite".

Il peer-to-peer inoltre ha introdotto un'alternativa alla proprietà privata, ovvero la creazione comune, e ha modificato anche le forme di protezione delle opere per mezzo delle licenze Creative Commons e GNU GPL, sempre nell'ottica della condivisione come crescita comune.

Il peer-to-peer infine, sempre secondo Bauwens, è in grado di rinnovare l'attuale società capitalistica, sempre più individualistica e atomizzata. Grazie all'apporto fornito ai progetti comuni e alla passione posti in essi, le persone superano la frammentazione e l'isolamento, costruendo così una nuova identità.

Ecco l'intervista a Michel Bauwens.

 




Intervista a Michel Bauwens




Produzione Peer to Peer: Collaborazione e Creazione Comune

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Cosma Orsi: Le sue recenti riflessioni gravitano attorno un paradigma produttivo che lei definisce economia politica del peer-to-peer (P2P). Di che cosa si tratta?



Michel Bauwens: Il mio argomento principale è che, grazie alla nascita di una varietà infinita di nuove tecnologie, stiamo assistendo al cambiamento delle condizioni della produzione. Questo rappresenta una sfida alla supremazia di un modo di produzione basato sul profitto.

In questo caso, non è che i lavoratori abbiano intrapreso una lotta consapevole per cambiare il sistema economico, bensì le nuove tecnologie mettono in grado un numero sempre maggiore di persone di produrre direttamente valori d'uso attraverso nuove pratiche che sono al di fuori del controllo del mercato e con mezzi di produzione che sono stati socializzati in larga misura.

Questi nuovi processi produttivi sono post-capitalisti, nel senso che la loro riproduzione non necessita più del capitale.

La caratteristica fondamentale delle nuove tecnologie che stanno nascendo è che si basano su network distribuiti. Questo permette agli individui di impegnarsi e relazionarsi gli uni agli altri, attorno a progetti comuni.

Partecipare a progetti insieme ad altre persone diventa sempre più facile. Si trovano sempre più motivazioni che non hanno niente a che fare con la ricerca del profitto.

Tra i nuovi processi sociali innescati da questa rivoluzione, il più importante è rappresentato dalla possibilità di produrre in comune degli artefatti complessi, senza dover ricorrere né alla produzione di mercato né al supporto di tipo statale.

In secondo luogo, l'abilità di piccoli gruppi di agire su scala globale permette di sostituire a un modello gerarchico un modello di coordinazione dal basso, formando piccoli gruppi o utilizzando l'apporto di semplici individui.

Terzo, nel contesto della produzione di beni immateriali che non siano in competizione tra loro è possibile condividere i beni senza che essi perdano valore per coloro che ne fruiscono. Questo non solo permette e incoraggia il contributo volontario, ma grazie alla disponibilità universale, tale logica della collaborazione diventa un requisito indispensabile e un modo di creare valore senza alcun costo aggiuntivo.

Questo è il motivo per cui mi sono interessato al peer-to-peer, intendendolo come una forma di scambio generalizzato basato sulla non-reciprocità. E' una forma di condivisione che deve essere chiaramente distinta dalla così detta economia del dono, in quanto essa avviene nella sfera immateriale dei beni non in competizione tra loro.

La produzione peer-to-peer rappresenta un terzo modello di produzione, che possiamo definire "auto-organizzata". Essa richiede una specifica governance e una nuova concezione di proprietà che protegga le pratiche P2P dall'appropriazione privata.

L'economia politica P2P non si basa più sulla circolazione del capitale, ma sul sapere condiviso. La pre-condizione per la cooperazione sociale è l'esistenza, o l'auto-creazione, di materie prime liberamente fruibili da tutti. Materie prime il cui accesso non sia vincolato da alcun permesso o pagamento.

Queste materie prime vengono processate attraverso tecnologie che abbassano la soglia di partecipazione, fino al punto che ogni motivazione diventa produttiva, includendo specialmente le motivazioni non pecuniarie.

Il risultato finale assume la forma di un qualcosa di comune, garantito legalmente contro l'appropriazione privata da un nuovo tipo di proprietà intellettuale. Questo processo a sua volta crea nuove materie prime liberamente accessibili che servono per la successiva fase di cooperazione sociale.

In questo modo ci troviamo di fronte a un circolo virtuoso di creazione comune.




Economia Tradizionale vs Economia P2P

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Cosma Orsi: Questo tipo di economia politica che lei va promuovendo da tempo è radicalmente differente dalla tradizione ortodossa specialmente per ciò che riguarda la natura umana. Qual è la sua idea di essere umano e di società?



Michel Bauwens: L'economia politica che fa riferimento al capitale si basa sull'assunto di un individuo atomizzato, incapace di sostenere relazioni sociali, che si relaziona con gli altri soltanto attraverso l'istituzione del mercato e che nella maggioranza dei casi non ha accesso ai mezzi di produzione.

Anche se ha retto saldamente l'impianto economico degli ultimi secoli, questa visione razionale dell'uomo economico è completamente priva di fondamento in quanto un essere umano così descritto non è mai esistito. La realtà è che il capitalismo continua a riproporre questa visione, ottenendo così solo la distruzione dei legami sociali.

L'economia politica P2P si basa sul riconoscimento della relazione come base comune della civilizzazione umana (tutti gli esseri umani sanno perfettamente di essere sempre immersi in relazioni sociali, molte delle quali scelte per affinità elettive).

L'identità di ciascun essere umano è costruita attraverso l'impegno e la contribuzione a progetti comuni. La cooperazione è di primaria importanza e la competizione avviene per mezzo delle scelte che le persone reali si trovano ad affrontare, dei progetti ai quali aderiscono o a quelli a cui vorrebbero aderire.

Il contributo di ognuno è sviluppato grazie alle conoscenze tecniche dei lavoratori, i quali hanno un accesso facilitato a computer e network, che usano per creare valore. Questi mezzi di produzione, in quanto socializzati, non sono monopolizzati dal capitale. La produzione peer-to-peer sta diventando una pratica sociale generalizzata, un aspetto della vita quotidiana per chiunque voglia usufruirne.

In fatto di tecnologia non mi sento affatto un determinista. Piuttosto, vedo la tecnologia come il risultato di una consapevolezza dei designer cambiata nel tempo, i cui prodotti a loro volta cambiano la percezione di ampi settori della società. La produzione peer-to-peer è il risultato combinato di una cambiata concezione dell'essere (mi riferisco al passaggio dall'individualità alla relazionalità prima discusso), di una mutata conoscenza tecnica che ci conduce verso un sapere partecipativo.

In questo caso non ci sono le solite differenze tra oggetto e soggetto, esperti e persone comuni o produttori e consumatori. Al contrario, il cambiamento a cui stiamo assistendo implica una domanda sempre maggiore di co-creazione e di co-design di prodotti finali non necessariamente concreti e la crescita del numero di professionisti amatoriali non più soggetti all'obbligo di un riconoscimento istituzionale.

La produzione peer-to-peer si basa sull'eliminazione della richiesta delle informazioni, preferendo l'auto selezione di compiti, la continua produzione di artefatti comuni, sempre perfettibili e mai intesi come definitivi e un controllo di qualità che avviene attraverso la convalida della comunità dei fruitori stessi, attraverso un sistema di scelte collettive.

Infine, un nuovo sistema di valori secondo i quali la condivisione diventa la scelta preferita, il lavoro diventa appassionato, pieno di senso in quanto permette di sviluppare appieno le capacità di ognuno. Solo così, infatti è possibile che il lavoro non alienato diventi una realtà per un sempre maggior numero di uomini e donne, specialmente per i giovani. Questi valori non rappresentano soltanto la richiesta di maggiore uguaglianza per la classe lavoratrice, ma sancisce il riconoscimento della equi-potenza di tutti gli individui.

Ciò significa che tutti gli esseri umani sono più o meno bravi rispetto ad un determinato numero di compiti, ma la bravura in un compito non è indice di superiorità. E' questo che permette una produzione a grappolo e auto-selettiva, che sarà in seguito approvata dall'intera comunità.

Il motto è 'lascia che centinaia di fiori sboccino e scegli i fiori migliori a posteriori'. Il nuovo immaginario sociale è conscio della struttura che determina lo scopo della libertà all'interno delle relazioni umane e cerca di superare le contraddizioni che sorgono dallo sconto tra l'egoismo e l'altruismo, ideando meccanismi in grado di favorire l'incontro tra l'interesse individuale e quello collettivo, producendo un surplus che deriva dalla collaborazione etica e sociale. Io vedo l'evoluzione dell'umanità muoversi da una civiltà basata sullo scambio ad una basata sulla contribuzione.




Produzione e Governance Peer-to-Peer

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Cosma Orsi: Lei vede la produzione P2P come un mezzo per potenziare una società civile oggi stanca e marginalizzata, svuotata di molta della sua creatività come risultato di secoli di sfruttamento capitalistico?



Michel Bauwens: Certamente. Io vedo la produzione P2P come un segnale di rinascita, che permetterà alla società civile di tornare ad essere protagonista nei processi economici e sociali. Esaminiamo il linguaggio che viene oggi utilizzato: le principali organizzazioni della società civile o si definiscono no-profit o non-governative, espressioni derivate direttamente dal mercato o dallo Stato.

Le istituzioni che governano il mondo P2P (Wikimedia, Mozilla Foundation) preferiscono invece proporsi in maniera positiva, definendosi semplicemente for-benefit, implicando una pratica e una identità pro-attiva.

Alla produzione peer-to-peer sono legati un modello di governance e un concetto di proprietà che deve essere distinta sia da quella privata che da quella pubblica. La produzione peer-to-peer non è una produzione statale, la governance peer-to-peer non è né burocrazia né democrazia rappresentativa e la proprietà peer-to-peer è inclusiva e comune, non collettiva e pubblica. La priorità della peer governance è l'eliminazione della richiesta di permessi, l'abolizione delle credenziali, delle negoziazioni economiche ogni qualvolta sia possibile.

Ma non è tutto qui; essa vuole soprattutto evitare la nascita di un individuo collettivo che, seppur proveniente dalla società civile, possa appropriarsi di risorse comuni a suo esclusivo vantaggio. La produzione peer-to-peer è post-capitalista, senza per questo voler abolire né il mercato, piuttosto essa lo considera come un sotto sistema per gestire le scarse risorse secondo il meccanismo dei prezzi, né lo Stato, pur aspettandosi che lo Stato diventi un partner garantendo la costruzione di infrastrutture che permettano la partecipazione, per mezzo della quale avviene la produzione diretta di valore sociale. Chiamo questa forma di stato con il nome "Partner State".




Approccio Empirico al Peer-to-Peer

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Cosma Orsi: Una delle questioni che le stanno più a cuore è che il suo approccio non è per niente utopico. Piuttosto esso nasce da una nuova visione morale. Che cosa intende dicendo questo?



Michel Bauwens: Molti approcci vedono il cambiamento sociale attraverso le lenti dell'idealismo, proponendo un idea di essere umano che velocemente degenera in approcci moralistici, che inevitabilmente diventano autoritari, obbligandoci a comportarci in una maniera precisa.

Al contrario, il mio approccio è empirico. Si parte con l'osservare quali siano le pratiche P2P che stanno emergendo. Da questa base empirica mi domando: quali di queste pratiche rispecchiano valori etici in grado di produrre valore sociale? Da qui nascono le spinte all'emancipazione che lavorano principalmente sulla interconnessione e sull'ideazione di progetti comuni.

Come possiamo far connettere le nuove pratiche di vita così che esse possano crescere imparando le une dalle altre? Come possiamo stimolare il potenziale che è presente nella società attraverso l'abbassamento dei costi di transazione e controllo, ma anche scoraggiando comportamenti negativi rendendoli più costosi? Questo è un approccio realistico per il raggiungimento di "micro-utopie", che nel lungo periodo potrebbero cambiare le fondamenta della nostra civilizzazione.




Proprietà Peer-to-Peer

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Cosma Orsi: Uno dei punti più interessanti del suo ragionamento riguarda il fatto che la produzione peer-to-peer necessita di un concetto di proprietà sostanzialmente differente da quello capitalista. La produzione peer-to-peer, infatti, si rifà ad una infrastruttura legale che permette la creazione di quello lei definisce Informazione Comune. Ci spiega quali sono gli aspetti tecnici di questa forma di proprietà?



Michel Bauwens: Ad ogni forma sociale si accompagna una tecnica riproduttiva; nel caso della produzione peer-to-peer risulta cruciale che sia protetta dall'appropriazione privata. La proprietà peer-to-peer non è né proprietà pubblica né privata, bensì comune. La proprietà privata capitalista è esclusiva; detto nel modo più semplice possibile: ciò che è mio, non è tuo.

La proprietà pubblica è sicuramente di tutti, ma paradossalmente anche di nessuno. Quest'ultima è una conseguenza della sua forma rappresentativa. Noi scegliamo democraticamente o meglio, qualcuno sceglie per noi che corpi collettivi rappresentino la sovranità di un particolare bene, cosa che implicitamente esclude la proprietà del bene da parte di ognuno. In quest'ottica il collettivo esclude l'individuo.

La proprietà comune si muove su di un piano diverso. Il bene in questione proviene dalla collaborazione di persone, le quali non possono essere escluse né dalla proprietà né dall'utilizzo del bene stesso. In altre parole la proprietà peer-to-peer rende universalmente disponibile quello che è stato prodotto in comune.

Ad onor del vero, la produzione peer-to-peer si manifesta attraverso due differenti modalità, a seconda che si applichi all'economia della condivisione o a quella della produzione in comune.

Nell'economia della condivisione, l'individuo o piccoli gruppi di individui producono un artefatto, sul quale si ritiene la sovranità. Tale sovranità, a sua volta permette di stabilire le modalità della condivisone del bene. Un esempio tipico sono le Creative Commons Licences, che permettono di utilizzare ciò che è stato prodotto a patto che si accettino certe condizioni stabilite dall'autore.

Nella produzione comune invece è chiaro che ciò che viene prodotto è il frutto della cooperazione di un gruppo molto ampio. In questo caso la regola vigente recita che sebbene la contribuzione di ogni partecipante è pienamente riconosciuta così come la proprietà, il bene prodotto diventa una risorsa comune. Tutti la possono usare, copiare, modificare e ogni modificazione rientra nel sistema come risorsa comune. Qui l'esempio tipico sono le General Public Licence utilizzate dalle comunità dei liberi programmatori di software.

A dire il vero esiste una terza modalità. Sempre più spesso, le grandi multinazionali tentano di integrare vari aspetti della produzione peer-to-peer nella loro catena di creazione di valore. In virtù del fatto che esse tentano di monetizzare la produzione comune attraverso l'immissione di clausole pericolose, come ad esempio quella secondo la quale ogni contrito diventa automaticamente proprietà della piattaforma, sebbene le regole di condivisione e di distribuzione sono rispettate, non ci troviamo di fronte ad un caso di proprietà peer-to-peer. Piuttosto, questi casi rappresentano una nuova forma di enclosure.




Struttura Dell'Organizzazione Peer-to-Peer

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Cosma Orsi: Poco fa lei stava dicendo che il modello P2P non solo si riferisce all'economia ma anche a una forma di governance radicalmente differente. A questo proposito lei ha affermato che al centro della peer governace sta la nozione di moltitudine e di democrazia assoluta. Per supportare la sua teoria lei fa esplicito riferimento alle teorie di autori come Toni Negri, Miguel Benassayan e John Holloway. Ci può spiegare meglio questo passaggio?



Michel Bauwens: All'interno di una economia che si basa sulla libera contribuzione, la produzione peer-to-peer contribuisce a favorire un'autonomia che nasce dalla cooperazione. Questo modo di produzione è in netto contrasto con il modello capitalista, che sebbene garantisca di scegliere liberamente i rappresentanti nella sfera politica, affianca una sfera produttiva che è gerarchica e feudale, nel senso che mantiene la sottomissione del lavoro al capitale.

Con la produzione peer-to-peer, i co-produttori partecipano direttamente nel processo decisionale. Il principio fondamentale è che chi lavora decide. La partecipazione è resa possibile eliminando il più possibile i permessi d'accesso. Basandosi su di una auto-selezione, nel contesto di un processo di produzione, si supporta una mirata meritocrazia all'interno di piccoli gruppi (cambio di leadership a seconda dei differenti contesti) e processi di autorizzazione comuni successivi alla produzione.

Quando si opera in una sfera di abbondanza, dove i beni non in competizione tra loro possono essere riprodotti da tutti a un costo marginale, allora non vi è più bisogno né di mercato, né di gerarchie, né di democrazia, in quanto le risorse sono fornite dagli individui stessi che sono la risorsa produttiva principale del sistema.

Questo rappresenta sia la forza che la debolezza della produzione peer-to-peer. Ad esempio, Linux e Wikipedia posso auto-regolarsi, ma la struttura della cooperazione è ancora costosa e quindi seguendo regole formali democratiche, un nuovo tipo di organizzazione for-benefit generalmente si prende cura di loro. Non appena sorge la necessità di risorse, c'è bisogno di un meccanismo per mitigare la cosiddetta "tirannia della mancanza di struttura" e ciò prenderà nel migliore dei casi una forma rappresentativa.

Quindi, a mio parere, quello che può succedere è che il modello P2P possa per il momento diventare complementare alla democrazia, ma non rimpiazzarla. In ogni caso, ci si può aspettare che la non-rappresentanza diventi una forma molto più rilevante della attuale rappresentanza. Si potrebbe anche immaginare che qualora la mole di contribuzione volontaria diventi dominante, la pressione si faccia così forte che le istituzioni democratiche si dovranno trasformare, non in base all'influenza degli interessi delle grandi multinazionali che ora dominano la forma dello stato, ma secondo parametri prettamente democratici.




Economia Del Dono e Condivisione

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Cosma Orsi: Nei suoi scritti ha dedicato molto tempo a distinguere la sua proposta da altre forme di organizzazione economica, come ad esempio quella legata all'economia del dono. A tal proposito sostiene che il P2P non è una economia del dono che si basa sull'eguale condivisione, ma una forma di condivisione comune che si basa sulla partecipazione. Perché questa distinzione risulta essere così cruciale nel suo argomento?



Michel Bauwens: La distinzione è cruciale rispetto a quel fenomeno che gli antropologi chiamano "crowding out", cioè quando una logica sociale può farne scomparire un'altra. L'economia del dono è un sistema che si basa sulla reciprocità e sulla simmetria. Colui che dà, crea una immagine prestigiosa di sé e un obbligo nel beneficiario, che si sente chiamato a ristabilire un equilibrio relazionale donando qualcosa a sua volta. E' un sistema basato sulle relazioni personali. Il mercato, d'altra parte, è un sistema di scambio di valori eguali, basato su relazioni impersonali.
La condivisione comune invece si basa sulla gentilezza dello straniero, espandendo la sfera della cooperazione sociale a persone che non conosciamo, pur lavorando a progetti comuni.

La condivisione comune si basa su di una logica che suona più o meno così: tu fornisci ciò che puoi immettere nella risorsa comune, dalla quale ognuno potrà poi prendere a seconda dei propri bisogni. Non si ottiene nulla in cambio della contribuzione, se non indirettamente, ovviamente, conoscenza, relazioni e reputazione. Ma anche coloro che non partecipano direttamente, non contribuiscono al progetto comune, possono trarre benefici usando la risorsa comune. La motivazione a contribuire volontariamente sorge dalla convergenza degli interessi individuali e collettivi.

La mia posizione riguardo l'economia del dono è più ideologica. L'economia del dono è difesa dagli apologeti del mercato per sostenere la loro visione dell'uomo economico, che dà soltanto a fronte di un ritorno sicuro. Ma la produzione peer-to-peer appartiene a una logica differente. Ritengo sia un bene per l'umanità avere una visione più ricca delle motivazioni umane e comprendere a che condizioni possa verificarsi un impegno non-reciproco, un tipo di ricerca che sarebbe oscurata dall'economia del dono.

La produzione peer-to-peer funziona però soltanto per beni non in competizione tra loro che possono essere condivisi senza perdita da parte di alcuno; nel mercato, dove si scambiano beni scarsi e rivali tra loro, noi abbiamo bisogno di meccanismi basati sullo scambio e sulla reciprocità. Comunità di open designer devono essere quindi affiancate da meccanismi di mercato e da altre forme di distribuzione.




Peer-to-Peer e Costruzione Delle Relazioni Sociali

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Cosma Orsi: Lei sostiene che mentre la gerarchia è predicata sulla base di principi di identificazione ed esclusione ed è associata ad un universalismo astratto di matrice illuministica, il P2P è "unità nella diversità, è un concreto universalismo post-illuministico che si basa sulla comunanza dei progetti". E' forse questo un modo per dire che la produzione peer-to-peer è sostenuta e legittimata da una concezione della giustizia capace di fronteggiare le sfide dell'era post-moderna?



Michel Bauwens: Il principio fondatore che sta alla base della mia idea relazionale è l'equi-potenzialità. Secondo questa visione dell'umanità ognuno può eccellere in una determinata area, ma nessuna di queste capacità è superiore o inferiore alle altre.

La capacità di identificare la grande varietà di combinazioni di abilità differenti permette di riconoscere il contributo di ciascuno a un progetto comune, così come permette ad altri di riconoscere la mia contribuzione nello stesso o in un altro progetto. Attraverso la costruzione della nostra identità a seconda dei progetti comuni in cui siamo coinvolti superiamo la frammentazione e l'isolamento, creando una grande interazione che, attraverso il contributo appunto, arricchisce il nostro universo.

La differenza sta in come si intende il termine arricchire. Noi sappiamo che partecipiamo a molti progetti comuni e che questo è il collante che tiene assieme le persone. Ogni persona non solo deve essere onorata per quello che fa ma deve anche essere ricompensata per le proprie diverse capacità. In altre parole si merita un reddito per la sua contribuzione a formare la ricchezza sociale, che accresce per il solo motivo di esistere e di essere interconnesso ad altri. Per rendere la società più sostenibile un reddito universale deve essere legato alla richiesta di contribuire almeno in parte al bene comune.




Prodotti For-Profit e Prodotti For-Benefit

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Cosma Orsi: La sua idea sta ricevendo grande attenzione. Lei è riuscito a organizzare seminari di altissimo profilo nelle principali università europee (Sorbona, Nottingham) per discutere di produzione peer-to-peer. Inoltre c'è un crescente interesse da parte di imprese commerciali circa la comprensione dei processi che stanno alla base del suo paradigma, come dimostrato dal fatto che il suo tempo è diviso tra l'implementare la base teorica e formazione nelle grandi aziende. Come spiega l'interesse del settore commerciale e, visto tutto questo interesse, quale futuro vede, diciamo nei prossimi 20-30 anni, per la produzione peer-to-peer?



Michel Bauwens: Gli attori del mercato comprendono bene che i principi attorno ai quali ruota la produzione peer-to-peer presentano vantaggi competitivi. Io ho riassunto questa posizione trovando la cosiddetta legge della competizione asimmetrica. Essa dice che quando una compagnia, che produce profitti utilizzando lavoro salariato e brevetti tecnologici, si ritrova a competere con una organizzazione for-benefit, la quale può accedere a un vasto circuito di volontari e usa piattaforme che sono possedute da tutti, la compagnia ha poche probabilità di vincere la partita.

La ragione è che le motivazioni che spingono le persone verso la produzione peer-to-peer sono più forti, in quanto derivano dalla passione, dalla ricerca di una qualità assoluta (si produce al meglio delle possibilità di ciascun componente del gruppo). I beni prodotti non sono mai dati in forma definitiva, c'è sempre un versione successiva migliore della prima.

Al contrario, la realtà for-profit cercherà di produrre un prodotto di qualità relativa, ovvero un prodotto che sia soltanto migliore di quello offerto dai suoi competitori. Da ciò segue che ogni compagnia for-profit o autorità pubblica che adotti pratiche partecipative e comuni tenderà ad accaparrarsi vantaggi competitivi se comparati a chi non le adotta. Questo è quello che muove l'interesse del mercato nei confronti della produzione peer-to-peer, rendendo sempre più diffusa questa pratica nella società.

Il processo è molto simile al modo in cui il sistema schiavistico si è prima trasformato in feudalesimo e poi nel sistema capitalistico: attraverso una riconfigurazione delle elites e della classe produttiva. La visione di Marx era un'anomalia storica che noi sappiamo non essere mai stata confermata.

Per quanto riguarda il futuro posso soltanto offrire questa immagine: la produzione peer-to-peer è come un germe che introdotto ai margini del mercato si espande sempre più velocemente, fino a quando non raggiungerà uno status eguale a quello del suo ospite. Ad un certo punto, il vecchio sistema entra in crisi e un nuovo sistema prenderà il suo posto.




Peer-to-Peer e Futuro Della Produzione

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Cosma Orsi: Vorrei finire questa intervista ritornando su una affermazione particolarmente impegnativa: quella secondo la quale la produzione peer-to-peer potrebbe davvero cambiare la natura del capitalismo e che potrebbe addirittura risolvere il problema del free-rider.



Michel Bauwens: Il capitalismo globale si ritrova nello stesso vicolo cieco in cui si trovò l'antica Roma: una crisi di accumulazione estensiva, perché non riesce più a contenere i costi ambientali. Il passaggio alla produzione immateriale ha inoltre creato una crisi di valore. Infatti, i costi marginali di riproduzione dei beni immateriali non in competizione tra loro si contrappone alla logica della scarsità che è alla base del mercato. Così la mercificazione e la monetarizzazione si muovono ai margini dei nuovi beni collettivi.

La produzione sociale diretta di valore cresce esponenzialmente. Inoltre, ogni bene prodotto, deve prima essere ideato in maniera immateriale, attraverso processi che non sono molto differenti da quelli che servono a creare software e conoscenza. E' quindi soltanto una questione di tempo, ma sono convinto che la comunità di ideatori di liberi software riuscirà a produrre artefatti migliori di quelli offerti dal mercato.

Se si accetta che il processo di innovazione sociale prenderà piede al di fuori della sfera del capitale, si dovrà anche accettare il fatto che avremo bisogno di nuove strutture sociali. Proprio come i padroni di schiavi dell'antica Roma si accorsero che una crescita intensiva poteva accadere soltanto con la liberazione degli schiavi, così il capitale si ritrova a fronteggiare il fatto che la nuova economia dell'esperienza non potrà più essere capitalista.

Un cambiamento della logica capitalista sembra inevitabile, anche se è difficile immaginare la precisa natura del nuovo contratto sociale capace di prendere seriamente in considerazione la produzione peer-to-peer.

Per quanto riguarda l'affermazione circa il free-rider, credo che esso rappresenti un problema serio soltanto in un contesto produttivo finalizzato alla produzione di beni materiali: in questo senso diventa un problema di governance e di regolazione intelligente. Nella sfera immateriale, anche se esistono incidenti di percorso come lo spamming, trolling, etc., il free-rider non rappresenta più un problema.
Al contrario, è la vera natura del sistema P2P in quanto esso tramuta ogni tipo di utilizzo in una risorsa produttiva che ritorna all'interno del sistema. Mentre sia per sistemi centralizzati che per quelli decentralizzati un utilizzo consistente diventa problematico, gli ideatori delle piattaforme P2P creano una dinamica diversa. Ogni partecipante diventa una risorsa per il sistema. La nuova piattaforma proprietaria esiste per scelta dei suo creatori: essi hanno setup centralizzati e decentralizzati che sono costosi da mantenere e quindi richiedono elevati capitali.

Comunque, è mia ferma convinzione che questi vincoli possano essere spazzati via da infrastrutture pienamente distribuite. La questione centrale rimane: come è possibile combinare la produzione peer-to-peer immateriale (non-reciproca) con il bisogno di reciprocità richiesta dalla produzione fisica di materie scarse? Quando si troverà la risposta a questo quesito, avremo raggiunto la maturità sufficiente per passare a una economia politica e una civilizzazione P2P.




L'autore:

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Michel Bauwens (1958), belga, è un esponente della Filosofia Integrale e teorico del Peer-to-Peer. Ha lavorato come consulente Internet e Information Analyst per la United States Information Agency, Information manager per British Petroleum (dove ha creato uno dei primi centri di informazione virtuale) ed è stato editor-in-chief del primo magazine europeo per la convergenza digitale, l'olandese Wave. Con Frank Theys è il co-creatore di un documentario di tre ore chiamato TechnoCalyps, una disamina della "metafisica della tecnologia". Ha curato due antologie in lingua francese sull'Antropologia della Società Digitale.

Nonostante sia stato studente di Ken Wilber, ora critica alcuni aspetti del movimento Wilber-Beck e si batte da tempo per una società integrale non autoritaria basata sul P2P.

Michel è l'autore di alcuni saggi online, inclusa la tesi "Peer-to-Peer and Human Evolution", ed è editore di P2P News.

Ora vive a Chiang Mai, Thailandia, dove ha creato la Foundation for P2P Alternatives e gestisce un blog.

Ha tenuto corsi sull'antropologia della società digitale per gli studenti della ICHEC/St. Louis a Bruxelles, Belgio e per la Payap University e la Chiang Mai University in Thailandia.




Photocredits
Produzione Peer-to-Peer: Collaborazione e Creazione Comune: Natalia Lukiyanova
Produzione e Governance Peer-to-Peer: LuMaxArt
Approccio Empirico al Peer-to-Peer: Ryan Pike
Proprietà Peer-to-Peer: Norman Pogson
Struttura Dell'Organizzazione Peer-to-Peer: Woodley Wonderworks
Economia Del Dono e Condivisione: Nathan Jones
Peer-to-Peer e Costruzione Delle Relazioni Sociali: Tomasz Trojanowski
Prodotti For-Profit e Prodotti For-Benefit: Mikael Damkier
Peer-to-Peer e Futuro Della Produzione: Andres Rodriguez

 
 
 
 
 
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