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8 febbraio 2007

Branding E' Inside-Out, User Experience E' Outside-In

"Il problema è che il "brand" sarà sempre connesso all'impressione che le aziende vogliono suscitare, e per loro natura sono una proposizione 'inside-out' -- un'azienda prova a rappresentare il suo brand e il suo significato, e fa il possibile per comunicare o impartire in maniera variegata un messaggio alle persone. Il brand in genere nasce assieme all'azienda."

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Photo credit: Kuzma

"Sbagliato! Questo è un errore comune e grossolano per dei neofiti del brand.

Il brand di un'azienda è costituito da ciò che il pubblico pensa che la compagnia sia. Tali misure debbono essere guidate da dati attendibili e oggetto di ricerche approfondite sul campo. L'obiettivo o l'aspirazione del brand, è ciò che la compagnia spera che il pubblico vedrà.

Il brand è nel brand book, nello stile guida, o nella mente dei manager del brand. Il brand è la realtà della situazione - non ciò che lo staff marketing spera che sia."
(Fonte: un commento di Mark Schraad al blog di Peter Merholz)

Chi ha ragione?

"...il branding come pratica nasce dall'advertising, e la maggior parte delle persone che pensano o lavorano ad un brand debbono riferirsi a questo pensando una frase del tipo "come posso incoraggiare una particolare percezione nel mercato?" e allora, il branding è realmente inside-out."
(Fonte: la risposta di Peter Merholz al commento sopra )

Così, se il branding ha a che fare solamente con l'imprinting di un'idea prestabilita e un profilo di marketing nell'audience di riferimento, attraverso il fatto di essere profondamente inside-out, quale valore e ruolo attribuiamo alla progettazione dell'esperienza e cosa può offrire al branding tradizionale?

Prendendo spunto dai pensieri pubblicati online dal UK Design Council, Peter Merholz, uno dei professionisti più autorevoli nel campo della user experience, tenta di dare un quadro in grado di chiarire le differenze chiave esistenti tra branding e progettazione dell'esperienza.

Sebbene sia un concetto difficile da afferrare alla prima, la progettazione dell'esperienza riguarda più l'esperienza che gli utenti hanno attualmente piuttosto che tentare di controllare l'esperienza che state provando a dare loro.

Un altro commentatore (com'è grande il valore e la saggezza della folla) sintetizza questa problematica in maniera cristallina nella seguente affermazione:

"Vorrei esplicare la differenza tra brand values (valori) - ossia come la compagnia/organizzazione vuole essere percepita - e brand experience (esperienza), ossia come i consumatori percepiscono attualmente l'organizzazione come risultato della loro esperienza. Quando parliamo di progettare l'esperienza, i valori del brand dovrebbero essere il tuo obiettivo; l'esperienza di brand è il risultato che si forma nella mente della tua audience."
(Fonte: Commento di Steve Baty nello stesso dibattito)

E' una questione importante su cui riflettere se vuoi comunicare con efficacia e conservare il patrimonio del tuo brand costruendo al contempo un seguito forte e fidelizzato. Qui di seguito riporto il pensiero ufficiale di Peter Merholz su questo argomento:

 

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"Ieri ho cliccato su un link presente sul blog Putting People First verso una discussione presente sul sito del UK Design Council a proposito della progettazione dell'esperienza. Iniziando a leggere la pagina, il mio cuore è sobbalzato, e il mio primo pensiero recitava più o meno così, "per l'amor di Dio, stanno confondendo la progettazione dell'esperienza con l'esperienza del brand."

La prima frase recitava così, "La progettazione dell'esperienza si concentra sul momento di contatto fra persone e brand, e i ricordi che questi momenti creano."

Questa è una riduzione che non rende alcun merito all'idea di progettazione dell'esperienza, e quale bizzarra circonlocuzione -- le persone che vengono a contatto con i "brand"?

Ho pensato che fossero occupati presso compagnie o organizzazioni.

Ora, se leggi le pagine che trattano della progettazione dell'esperienza, c'è una una gran mole di ottimo materiale da utilizzare (o condividere con i tuoi capi, clienti, o chiunque), a proposito di modelli relazionali centrati sul consumatore e olistici, dell'importanza della prospettiva esperienziale, del valore di un approccio interdisciplinare.

Il problema sta nel fatto che il "brand" avrà sempre a che fare con l'impressione che l'azienda vuole suscitare, ed è per sua natura una proposizione 'inside-out' -- un'azienda prova a rappresentare il suo brand e il suo significato, e fa il possibile per comunicare o impartire in maniera variegata un messaggio alle persone.

Il brand in genere nasce assieme all'azienda.

L'esperienza tuttavia è qualcosa che riguarda le persone. Cosa vogliono compiere, ottenere, fare?

Affinché l'esperienza si dimostri di successo, bisogna iniziare concentrandosi sulle persone , e da questa, si svilupperà l'impressione sulla compagnia. L'"esperienza" in tal senso è outside-in.

La sfortunata centralità dell'azienda presente nella discussione su Design Council a proposito del brand diviene evidente quando leggiamo i 13 esempi -- la maggior parte dei quali sono acute manovre di branding, tentate da varie aziende per instillare i loro marchi nei consumatori attraverso progetti ad ampio respiro che vogliono soffocare ogni tentativo fatto dai consumatori di esprimere da soli i loro desideri, ciò che essi come persone vogliono realizzare.

Ciò non significa necessariamente che tutti questi esempi siano "cattivi" -- ve ne sono a tonnellate di divertenti, assolutamente degni di tempo e soldi. Ma se i "modelli relazionali centrati sul consumatore" sono un elemento chiave della progettazione dell'esperienza, cosa ha a che fare ciò con il Guinness Storehouse, "l'ultima esperienza del carattere di Guinness".

Affinchè "la progettazione dell'esperienza" possa avere realmente successo come disciplina autonoma, deve essere tenuta distinta dalla progettazione e strategia del brand, e dimostrare quanto i suoi valori distintivi siano in grado di contribuire al business..."

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Photo credit: Stephen Coburn

Bob Jacobson, co-autore del Corante Magazine sull'esperienza degli utenti, commenta a sua volta il post di Peter Merholz riuscendo al contempo a dare organicità alla questione:


"Il rinomato progettista danese Per Mollerup ci ricorda nel suo approfondito libro sulla progettazione di brand e di trademark, Marks of Excellence (pubblicato nel 1999, a proposito, prima che il "progettista dell'esperienza" divenisse una professione vera e propria), il "branding" inizialmente era incentrato sul porre la proprietà della marca su pressoché tutto, dal bestiame alla ceramica. Una tazza che non si rompe o una giovenca la cui carne è oltremodo gustosa conferiscono valore al brand che li ha prodotti. Il vasaio e l'allevatore non hanno inventato le loro marche, eccetto prendere decisioni sulla mole di lavoro da dedicarvi.

Lo stesso accade oggi. Disegnare una "brand experience" (o per estensione, una "user experience") significa principalmente sottolineare quanto bene una cosa funzioni. La miglior maniera per raggiungere questo scopo è farlo provare o offrire testimonianze attendibili. In realtà progettare per l'esperienza è un atto di pura fantasia. Ha poco a che fare con i prodotti, i brand, o i siti web."

Tu che ne pensi?



Articolo originale pubblicato da Peter Merholz il 3 Gennaio 2007 come "Experience design is not about brands" e tradotto da Alessandro Banchelli per MasterNewMedia Italian Edition.

Commenti introduttivi di Robin Good

 
 
 
 
 
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