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22 giugno 2007

Scienze Cognitive: Gestire I Sistemi Complessi - Quando Gli Approcci Lineari Non Funzionano

"Ci sono molte definizioni di complessità, di come cioè molti oggetti naturali, artificiali, astratti, ed i network possano essere considerati sistemi complessi. Il loro studio (la scienza della complessità) è estremamente interdisciplinare. Esempi di sistemi complessi includono i formicai, le formiche stesse, le economie umane, il clima, i sistemi nervosi, le cellule e gli esseri viventi, inclusi gli esseri umani, così come le moderne infrastrutture energetiche e di telecomunicazione."

complex_network_management.jpg
Photo credit: tasosk

Definiamo sistema complesso ogni sistema basato su una stretta collaborazione ed interazione: una rete. Ma qual è il modo giusto per gestire un sistema complesso e farlo funzionare?

Nella medicina, i ricercatori ed i consulenti che hanno a che fare con la complessità, spesso non riescono a seguire le giuste implicazioni del loro lavoro e sono incapaci di stimare pienamente il grado di cambiamento necessario per fare funzionare queste teorie anche in pratica. La teoria della complessità spesso perde senso quando viene applicata a contesti reali.

L'articolo che pubblichiamo oggi è stato scritto da Dave Snowden, un esperto di scienza cognitiva che, iniziando da una discussione sulla complessità nel sistema medico, stila una lista di tutti quegli approcci lineari che non funzionano nelle situazioni complesse, introducendo così una nuova prospettiva sul tema.

 




Understandable "hypocrisy"

di Dave Snowden

understandable_hypocrisy_second_image.jpg

Nella mia presentazione odierna sono partito dalla complessità nella medicina. Ho analizzato alcuni concetti base ed in particolare i collegamenti con la scienza cognitiva ed il ruolo della narrazione. A fine sessione ho riassunto e schematizzato l'insieme di cose che non funzionano.

Con ciò intendo non solo i metodi lineari strutturati applicati a situazioni complesse non lineari, ma anche mi indirizzo a ricercatori e consulenti che hanno a che fare con la complessità e/o la narrativa, ma non riescono a cogliere le implicazioni dei loro lavori.

Il titolo di questo post non vuole essere un attacco fine a se stesso. Parlare di ipocrisia è un'accusa pesante per cui l'ho unito alla parola incomprensibile. Se per anni vi è stato insegnato ad applicare un particolare metodo, è molto difficile cambiarlo.

Anche se comprendi la complessità in teoria, la pratica della ricerca e della consulenza è stata sviluppata prima della conoscenza.

Quindi, ecco la lista, con alcune spiegazioni...

  1. Credere che l'esperienza abbia più valore della conoscenza del soggetto, e che in questo modo si possano evitare gli errori.

    Troppi esperti (i ricercatori ed i consulenti sono egualmente colpevoli) continuano ad insistere che devono intervistare soggetti per il loro studio per trarre delle conclusioni. Diranno cose come "Abbiamo raccolto le loro storie" o "Gli abbiamo permesso di esprimersi in maniere differenti".

    Questi parlano della necessità di interpretare i materiali, e de-costruirli. Talvolta evidenziano come le persone anziane debbano essere intervistate da qualcuno della loro stessa età affinché il progetto sia preso seriamente. Per ragioni che stento a comprendere appieno, si oppongono attivamente ad ogni idea che queste storie possano essere raccontate anche in loro assenza, o che le persone che etichettano ed interpretano le loro storie forniscano dati più ricchi ed autentici di quelli che possono essere forniti dagli esperti.



  2. Cercare di ordinare un comportamento ideale o una struttura organizzativa.

    Ho sentito molte persone parlare di fenomeni, della necessità di creare un'ecologia dell'interazione dell'agente e del fatto che non vi siano cose applicabili in pratica in un sistema complesso. Quindi continuano a parlare di modelli di comportamento ideale sia per gli impiegati che per i leader.

    Descrivono perciò una forma ideale di organizzazione: apertura a nuove idee, creazione di una cultura non colpevolizzante, ecc. Tutte le loro descrizioni implicano che queste cose possano essere ordinate, quando in pratica si evolvono, e non possono essere definite o pianificate a priori ma emergono da interazioni multiple col passare del tempo.



  3. Supporre che un esperimento possa essere adattato, o replicato in un contesto differente.

    Il fatto che qualcosa funzioni in un determinato contesto (per esempio un ospedale) non significa che il risultato possa essere replicato in un altro luogo anche se simile. Ogni contesto specifico non è pienamente conoscibile, e l'interazione fra agenti in ogni contesto sarà differente per ogni caso considerato.

    Possiamo replicare le condizioni iniziali e monitorare i pattern che emergono, attenuandoli o amplificandoli secondo la loro efficacia ma la ripetizione di un risultato non è possibile.

    I ricercatori e i consulenti che lavorano con la complessità devono essere onesti con i loro clienti e stabilire della aspettative. Gli interventi nella complessità creano soluzioni appropriate per singoli contesti. Non si replicano, ne possono essere necessariamente adattati.



  4. Focalizzarsi sull'efficienza, non sull'efficacia; pensare alla stabilità piuttosto che alla resistenza.

    Questo concetto è basilare. L'efficienza riguarda soprattutto l'eliminazione di funzionalità superflue, stabilizzando il sistema in uno stato di equilibrio di modo tale che le sue performance possano essere ottimizzate. Questo va bene fino a quando il contesto non cambia. Se accade, allora il tempo di reazione può essere troppo duraturo. I sistemi resistenti d'altra parte hanno un grado di ridondanza che permette loro di adattarsi a cambiamenti di contesti.



  5. Utilizzare un risultato basato su target piuttosto che ordinato su sistemi in stato di equilibrio.

    Il risultato implica causalità e replicabilità. In un sistema complesso ciò non è possibile. Ogni tentativo di creare un determinato risultato sarà soggetto alla legge delle conseguenze non volute. Potresti avere ciò che ti aspettavi, ma il sistema si aggiusta in maniere che potrebbero essere non benefiche.

    Per esempio, l'obbiettivo di ridurre il tempo di cura dei pazienti in una unità pronto soccorso, può essere raggiunto ma sacrificando altri compiti. La classica risposta è di impostare un obbiettivo per le operazioni, ma allora c'è un'altra conseguenza non voluta. Questo ciclo di obbiettivi multipli produce un sistema perverso con talmente tante misurazioni che la contestualizzazione e l'innovazione sono soffocate in una cultura colpevolizzante.



  6. Utilizzare un modello errato per le prove scientifiche.

    Le politiche basate sulle prove sono tutte buone e benvenute, ma se il tuo modello di prova richiede dei risultati dimostrabili allora il tuo modello scientifico è ancora imprigionato nel secolo passato. Il passaggio critico in un sistema complesso è da una pianificazione al sicuro da fallimenti, ad una sperimentazione di sicurezza. In un sistema complesso, le prove devono essere collegate ad una sperimentazione, non al risultato.



  7. Utilizzare un giudizio retrospettivo piuttosto che previsioni.

    I sistemi complessi hanno una coerenza retrospettiva. Chiunque lavori nella complessità ne è a conoscenza, ma molti suggeriscono futuri interventi e politiche sulla base della possibilità di ripetere i successi passati. Il futuro ha un grande potenziale, possiamo sentirlo, e possiamo influenzare la sua evoluzione. Apprendiamo da ciò che è accaduto in passato, ma comunque non possiamo utilizzare il passato per prevedere il futuro.



L'articolo è stato scritto originalmente da Dave Snowden con il titolo "Understandable "hypocrisy"", pubblicato in data 1 giugno 2007 su Cognitive Edge e tradotto da Alessandro Banchelli.



L'autore

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Dave Snowden è laureato in filosofia alla University of Lancaster ed ha anche un MBA della Middlesex University. E' fondatore e Chief Scientific Officer di Cognitive Edge, organizzazione specializzata nello sviluppo di teorie ed applicazioni pratiche del sensemaking.



Photo credits
Network Boxes: Peter Galbraith

 
 
 
 
 
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