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11 maggio 2007

Online Publishing Trends: C'è Una Bubble Dei Social Media?


Per social media si intendono quelle tecnologie online e quelle pratiche che le persone utilizzano per condividere opinioni, idee, esperienze, e prospettive.

I social media possono assumere forme differenti ed includere testo, immagini, audio e video. Tra i Social media più popolari possiamo annoverare blog, message board, podcast, wiki e video blog.

Alcuni grandi esempi di applicazioni social Media sono Wikipedia, MySpace (social networking), Gather.com (social networking), YouTube (video sharing), Second Life (realtà virtuale), Digg (condivisione di notizie), Flickr (foto sharing) e Miniclip (game sharing). Questi siti utilizzano tecnologie come blog, message board, podcast, wiki, e vlog per permettere ai loro utenti di interagire.

Fonte: Wikipedia

big_bubbles_blossom.jpg
Foto credit: Chekov

Questa che avete appena letto è la definizione chiara e sintetica che Wikipedia da' dei social media. I social media sono tecnologie, ma anche pratiche di condivisione, condivisione di elementi multimediali all'interno di community.

Senza dubbio sono un mercato in espansione, ma la loro natura difficile da interpretare, e le difficoltà di individuare modelli di business precisi ed efficienti, fa temere per l'esplosione di una nuova bolla, come avvenne per il mercato delle dot-com.

John Blossom nel suo articolo su Shore.com intitolato "Tiny Bubbles: Social Media Explodes in a Thousand Small New Ways", di cui riassumerò i punti salienti, si interroga su questa questione cercando di trovare delle similitudini tra il publishing online odierno e quello passato.

 




blossom_tiny_bubbles.gif

Ci sarà una bolla Web 2.0?

Al recente Web 2.0 Expo di San Francisco si è parlato molto della possibilità di trovarsi di fronte ad una nuova "bolla" nei mercati on line. Tim O'Reilly, nella sua presentazione all'Expo, ha negato questa ipotesi, affermando che il Web 2.0 rappresenta un cambiamento fondamentale delle modalità attraverso cui le persone interagiscono con la tecnologia.

Blossom, nella sua analisi dei social Media, parte da un dato di fatto: i social media rappresentano ormai un luogo chiave del publishing online, ma, a differenza delle aziende dot-com, ogni progetto di publishing online che ne faccia uso non ha di bisogno di ingenti capitali per essere promosso e gestito.

Le aziende dot-com in passato avevano bisogno di notevoli finanziamenti per promuovere i propri progetti e questo rappresentava un enorme rischio per i finanziatori.

Il Web 2.0 propone delle ottime tecnologie sia gratuitamente che a costi minimi, e perciò i rischi da affrontare sono molto più piccoli se paragonati a quelli delle dot-com del passato.

Per ogni Brightcove che ha bisogno di milioni di investimento, ci sono decine di migliaia di micropublisher come BakeSpace che generano reddito in settori molto specializzati e di nicchia con pochissimi investimenti.

Continueranno ad esserci grandi bolle che scoppiano quando i grandi investimenti falliscono. Attualmente però siamo di fronte ad una reale diffusione del micropublishing in cui molti micropublisher appaiono e scompaiono con grande velocità, mentre altri sono capaci di crescere allo stato di superstar con o senza l'aiuto dei media tradizionali.

Il contenuto di massa prodotto e gestito al livello centrale non costituisce più il fulcro del publishing online.




Modalità di distribuzione dei contenuti social media

Un altro punto su cui insiste John Blossom è il rapporto tra publishing online e social media. Mentre in precedenza le aziende della dot.com potevano controllare i contenuti pubblicati e sentirsi al sicuro riguardo alla loro produzione e distribuzione, i Social media non garantiscono lo stesso controllo.

Feed reader e widget accelerano le possibilità di aggregazione del contenuto generato dall'utente mentre compagnie come Google controllano la contestualizzazione di tali contenuti.




Integrazione tra social media e media tradizionali

Secondo John Blossom, stiamo anche assistendo ad un'integrazione tra social media e media tradizionali. Le corporation si stabiliscono sia nei social media che nei media più tradizionali, evitando per certi versi la necessità di utilizzare la mediazione per rendere visibile il loro marchio ed i loro prodotti.

Spesso i social media sono la destinazione preferita dove distribuire i contenuti, contenuti che possono raggiungere visibilità anche senza l'aiuto dei media tradizionali. Nello stesso modo si vedono talenti del mainstream publishing che grazie ai social media guadagnano una credibilità indipendente per le loro competenze.




Monetizzare i social media

John Blossom infine cerca di rispondere poi ad una delle domande più importanti: come monetizzare i Social media.

Al ContentNext, la conferenza di EconSM tenutasi a Los Angeles, alcuni dei principali studiosi di entertainment e business media hanno toccato questo argomento ma pochi di loro sembravano avere idee molto convincenti riguardo al modo in cui monetizzare i social media.

In molti hanno pensato di utilizzare i video online con annunci pubblicitari a scorrimento, altri hanno posto l'attenzione sul bisogno di ricompensare il pubblico che crea contenuti di qualità.

Quel che è certo è che non è facile fare delle ipotesi di monetizzazione per un mezzo di cui è difficile ipotizzare la completa proprietà e controllo.

tiny_bubbles_blossom.jpg



Articolo originale di John Blossom pubblicato in data 7 Maggio 2007 con il titolo: "Tiny Bubbles: Social Media Explodes in a Thousand Small New Ways" su Shore.com. Editato e riassunto da Alessandro Banchelli.

Puoi trovare ulteriori informazioni su John Blossom ed i servizi di consulenza di Shore Communications Inc., nel campo del publishing online, sul sito Shore.com.



Foto credits

Piccole bolle: Xiao Fang Hu

 
 
 
 
 
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